1. L'eutanasia, intesa come qualsiasi azione od omissione che per la sua stessa natura, o nelle intenzioni di chi la compie, procura la morte di un soggetto, allo scopo di eliminare i dolori patiti dallo stesso, è vietata anche se praticata con il consenso del soggetto stesso. Il divieto si estende sia all'eutanasia passiva che all'eutanasia attiva.
2. Nessuno può fornire istigazione o aiuto medico al suicidio, inteso come l'atto con cui un individuo procura a sé volontariamente la morte.
3. Il medico e gli altri operatori sanitari, anche su richiesta del paziente, non possono effettuare né favorire trattamenti diretti a provocarne la morte.
4. Chiunque pratica l'eutanasia e chiunque induce altri al suicidio ovvero ne agevola, in qualsiasi modo, l'esecuzione, è punibile ai sensi degli articoli 575, 579 e 580 del codice penale, a seconda che la vittima sia consenziente e che l'autore materiale della morte sia il paziente o un soggetto terzo.
5. Ai fini della valutazione della fattispecie penale è rilevante, ai sensi del comma 4, solo il consenso esplicito, non equivoco e perdurante.
1. Il personale medico e sanitario adotta tutte le pratiche mediche necessarie alla tutela della salute fisica e psichica del paziente, nella continuità delle cure.
2. È tuttavia fatto divieto al medico di praticare l'accanimento terapeutico, inteso
1. Qualsiasi pratica medica effettuata sui pazienti deve essere riportata nell'apposita cartella clinica.
2. L'obbligo di cui al comma 1 si applica anche ai casi di sospensione dei trattamenti di cui all'articolo 2, comma 3. In tali ipotesi, alla cartella clinica è allegata la manifestazione scritta di consenso del paziente o, in caso di sua incapacità di intendere e di volere, dei familiari o di chi ne ha la legale rappresentanza.
1. Ogni individuo maggiorenne giuridicamente capace ha il diritto ad essere informato, in modo esauriente e comprensibile da parte del personale medico competente, riguardo alla diagnosi e alla prognosi delle patologie da cui è affetto, alla natura, ai benefìci e ai rischi delle procedure diagnostiche e terapeutiche consigliate, nonché alle opportunità terapeutiche alternative.
2. L'obbligo per il personale medico di informare i soggetti di cui al comma 1 non sussiste nel caso in cui i soggetti medesimi dichiarino espressamente di non voler essere informati.
1. I soggetti di cui all'articolo 4, comma 1, hanno il diritto di prestare o di negare il proprio consenso relativamente a qualsiasi trattamento sanitario loro consigliato.
2. Ad esclusione dei trattamenti sanitari obbligatori per legge, il medico non deve intraprendere attività diagnostica e terapeutica senza l'acquisizione del consenso informato del paziente.
3. Qualora in situazione di emergenza, non sia possibile ottenere il consenso di cui al comma 1 del presente articolo, si applica l'articolo 8 della Convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina, fatta a Oviedo il 4 aprile 1997, resa esecutiva dalla legge 28 marzo 2001, n. 145.
4. In nessun caso il medico può consentire di sospendere, a richiesta del paziente, in contrasto con i princìpi della deontologia medica e del rispetto, della tutela e della salvaguardia della vita umana, i trattamenti terapeutici clinicamente testati e di comprovata efficacia nel caso in oggetto.
5. Eventuali manifestazioni di volontà presentate in qualsiasi momento dal paziente certificanti la determinazione dello
1. Al fine di evitare che la sofferenza del malato possa costituire incentivo all'eutanasia o al suicidio medicalmente assistito, le regioni provvedono a incentivare la diffusione delle cure palliative, ai sensi di quanto disposto dal Programma nazionale per la realizzazione di strutture per le cure palliative, di cui al decreto del Ministro della sanità 28 settembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 55 del 7 marzo 2000, e dell'atto di indirizzo e di coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 gennaio 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo 2000.